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Il Parmigiano Reggiano |
Milioni di forme stagionano nelle cantine delle banche. Come si produce il Parmigiano Reggiano |
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Sulla tavola è arrivato da tempo immemorabile. La tecnica di lavorazione l’avrebbero inventata, si dice, i monaci benedettini . Ne parla già lo scrittore fiorentino Boccaccio nel suo Decamerone (1350) descrivendo le meraviglie della fantastica città di Bengodi: "et eravi tutta una montagna di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan, che far maccheroni e raviuoli". |
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Seguito nel tempo da una schiera di estimatori famosi, da papa Pio V (1504-1572) che si faceva servire quotidianamente "casio parmigiano con fettucce " al commediografo francese Jean Baptiste Moliere (1622-1673) che seguiva la dieta della doppia P: 300 grammi di parmigiano e tre bicchieri di Porto al giorno. Oggi di Parmigiano Reggiano se ne vendono 104.896 tonnellate all’anno (il 10 per cento va all’estero) pari a 2.700.000 forme, o a 14 milioni di quintali di latte. Anche alle soglie del Duemila, questo formaggio resta però un buon prodotto artigianale, la cui procedura di lavorazione è fissata da regole rigidissime su cui vigila il consorzio dei produttori. |
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Ci sono "poliziotti del formaggio" che ne controllano la qualità. A stabilirne dimensioni (diametro da 35 a 45 cm), peso minimo (24 kg) e massimo (40 kg), colore (da leggermente paglierino a paglierino), struttura della pasta (minutamente granulosa), e spessore della crosta (circa 6 mm) è addirittura una legge: un decreto del Presidente della Repubblica del 1955. Per legge sono definiti anche i confini della zona di produzione. Il consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano è incaricato di vigilare che vengano rispettati procedimenti che ne garantiscano la qualità con controlli di laboratorio ma anche attraverso un corpo di vigilanti con la qualifica di agenti di pubblica sicurezza. |
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Per fare un chilo di Parmigiano Reggiano occorrono per l’esattezza sedici chili di latte proveniente da due mungiture . Il latte della sera rimane in riposo in apposite vasche per tutta la notte in modo da fare affiorare spontaneamente il grasso: il suo contenuto non deve superare il 2-2,5 per cento. Poi è mescolato con il latte intero della mungitura del mattino. Si aggiungono i fermenti lattici (siero innesto) e poi il caglio (enzimi ricavati dalla pelle interna dello stomaco di vitelli di latte). Il latte così si coagula . Il coagulo è ridotto in piccoli grani con lo spino, un attrezzo a lamine taglienti. |
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Quindi si procede alla cottura. Tolta dalla caldaia, la cagliata viene fatta passare in una tela di canapa e inserita in stampi, che fanno la forma tipica. Segue poi, dopo qualche giorno, la salatura, che si ottiene tenendo immerse per 20-25 giorni le forme in una soluzione satura di sale da cucina. Perché il sale arrivi al cuore del formaggio occorreranno però sei mesi. In salamoia inizia anche il calo di peso (circa il 5 per cento). A maturazione completata, la forma avrà perso il 20 per cento. Segue infine la stagionatura, che per legge deve essere almeno di 12 mesi, ma che nella pratica si protrae per 2 anni. E’ effettuata in magazzini generalmente gestiti da banche. Una pratica che consente di ottenere finanziamenti necessari all’attività di produttori. Forme di formaggio date in pegno, insomma. Preziose come oro. |
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forme: forme di parmigiano. |
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tempo immemorabile: da sempre, è impossibile ricordare da quando. |
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estimatori: che apprezzano, che sanno gustare, che amano il parmigiano. |
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paglierino: giallo color paglia. |
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mungiture: l’atto con cui si munge una mucca per tirarne fuori il latte dalla mammella. |
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canapa: tessuto piuttosto grosso e ruvido.
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